La pratica dello yoga aiuta a guarire? Negli ultimi tre decenni la
ricerca medica si è particolarmente impegnata per riuscire a capirlo.
Più di 1000 studi già pubblicati e, oggi, almeno una cinquantina di
studi clinici (tecnicamente i clinical trials) che
coinvolgono tecniche yoga in precise terapie ospedaliere, ci dicono che
gli effetti benefici di questa antica disciplina vanno ben oltre a ciò
che da anni le viene ormai universalmente riconosciuto: il potente
effetto antistress ed ansiolitico.
Partendo proprio dall'azione
rilassante che asana (sono le posizioni yoga) e meditazione hanno sulla
mente di chi le pratica, vediamo come la scienza è riuscita a
legittimarla.
Gli psichiatri della Boston University hanno notato, utilizzando la
risonanza magnetica, che il cervello degli otto "yogi" volontari, al
termine delle sessioni di esercizi e meditazione registrava un aumento,
rispetto ai dati rilevati prima dell'esercitazione, di ben il 27% dei
livelli dell'acido "Gaba" che, con noradrenalina e serotonina,
costituisce uno dei neurotrasmettitori più importanti nell'ambito del
controllo fisiologico e patologico degli stati emozionali. In pratica,
lo yoga agiva come una medicina naturale. Il gruppo di controllo
parallelo, cui era stato dato come compito "calmante" una lettura
rilassante, non mostrava alcun aumento del Gaba cerebrale. Ma come
vedremo, la scienza è andata ben oltre, scoprendo che lo yoga pur non
riuscendo in molti casi a determinare direttamente una guarigione, è in
grado di controllare anche molte funzioni fisiologiche come la pressione
sanguigna, la frequenza cardiaca, la respirazione, il metabolismo, la
temperatura corporea, le onde cerebrali, ed altre funzioni corporee
(fonte: American Cancer Society).
Il cancro, i trattamenti chemioterapici e radioterapici, nonché gli
eventuali interventi chirurgici debilitano fortemente, creando gravi
conseguenze sullo stato psicologico e fisico dei pazienti.
Affaticamento, nausea, dolore, stress rendono ancora più difficile la
lotta contro la malattia. Ebbene, un recente studio condotto dal
Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Bangalore (India)
su 68 malati sottoposti a chemioterapia ha dimostrato l'efficacia della
pratica yoga (un'ora al giorno) nell'attenuazione degli effetti
collaterali della terapia, rispetto ad un gruppo campione che svolgeva
una trattamento di rilassamento tradizionale. Negli States il numero di
strutture sanitarie che affiancano ai tradizionali protocolli
terapeutici lo yoga è in netta crescita. Una particolare attenzione
viene data alla respirazione, (Pranayama) lenta, profonda e ritmata,
abbinata sempre a movimenti dolci, che non richiedano sforzo. L'altro
percorso parallelo è la meditazione, una specie di monologo interno, che
offre la possibilità a chi è ammalato di concentrarsi su aspetti
differenti rispetto alla propria malattia.
I dati dell'International Diabetes Federation consegnano all'India il
triste primato mondiale dell'emergenza diabete con oltre 41 milioni di
pazienti nel 2007. Da qui l'introduzione dell'obbligatorietà della
pratica dello yoga nelle scuole voluta dal ministro della Sanità
Anbumani Ramadoss. Vi chiederete, cosa c'entra? Semplice. Numerosi studi
hanno dimostrato, per quanto concerne il diabete mellito di tipo 2,
come alcune posizioni yoga siano in grado di aumentare la velocità di
conduzione del nervo mediano, nei diabetici responsabile dei formicolii
alle mani, e aumentare il controllo dei livelli di glucosio nel sangue.
Fonte: www.gazzetta.it
dica 33
RispondiElimina